Fabio Tiburzi – Membro esperto del Laboratorio BRICS DI EURISPES diretto da Marco Ricceri ha inviato una nota da cui emerge:
IL VERO PROBLEMA AMBIENTALE NON E’ IL RISCALDAMENTO MA LA PROSPETTIVA DEL RAFFREDDAMENTO CHE NE SEGUE CHI STUDIA L’ANDAMENTO DELLE MACCHIE SOLARI ARRIVA A QUESTA CONCLUSIONE.
Sarebbe allora da fare un approfondimento tra gli esperti se è vero, quanto Triburzi scrive che “Cambiare tutto l’approccio al Problema Climatico”.
Sembra un tema davvero nuovo ed originale che mi permetto di commentare:
Ho letto ed apprezzato moltissimo quanto scritto da Fabio Triburzi che configura una sorta di rivoluzione copernicana: attenti ai raffreddamenti che fanno seguito ai riscaldamenti stessi.
Mai dal 2011 ad oggi la superficie del Sole è risultata così immacolata per un cospicuo periodo di tempo e con continuità, come mostrano le immagini scattate tra il 14 e il 18 novembre dal telescopio spaziale della NASA, il Solar Dynamics Observatory (SDO).
È probabilmente l’indicatore che il Sole sta marciando velocemente verso il minimo solare, che si verifica a cicli di circa 11 anni.
Non ci sarebbe nulla di particolare se non per il fatto che, secondo la Nasa, il numero medio di macchie solari sembra diminuire a un ritmo più elevato del previsto, tant’è che già a giugno la nostra stella si trovava in una fase di tranquillità che non si osservava da più di un secolo.
Il clima della Terra è un sistema complesso, caratterizzato da molte componenti (atmosfera, idrosfera, geosfera, criosfera, biosfera) che interagiscono fra di loro su tutte le scale di tempo e di spazio.
Il clima planetario è soggetto a forzanti variabili nel tempo, come l’energia solare (senza la quale non ci sarebbe un “clima” di cui discutere), le caratteristiche dell’orbita terrestre, le grandi eruzioni vulcaniche, l’impatto di asteroidi, la convezione nel mantello, la tettonica a placche.
Le componenti climatiche, inoltre, interagiscono fra loro in modo non lineare, ovvero senza una proporzionalità diretta fra cambiamenti nelle forzanti e risposta del sistema climatico, e sono in grado di generare variabilità climatica anche in assenza di cambiamenti delle forzanti esterne
L’evidenza degli impatti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sugli ecosistemi terrestri, acquatici e montani è corposa anche in Italia.
Per quanto riguarda gli ecosistemi marini un fattore chiave è rappresentato dall’aumento della temperatura associato alla riduzione delle precipitazioni, che porterebbero all’aumento della salinità.
D’altro canto, occorre segnalare che l’aumento della concentrazione della CO2 atmosferica e la conseguente maggiore capacità di fissazione del carbonio (carbon sink) da parte degli ecosistemi marini porterebbe a una acidificazione degli ecosistemi nel Mediterraneo.
Esempi di questi impatti riguardano: variazioni della distribuzione e dello stato della popolazione, con sostituzione della fauna mediterranea nativa e proliferazione di specie alloctone; aumento del ritmo di estinzione delle specie; variazioni della fenologia; eventi di mortalità di massa di invertebrati; proliferazione di mucillagini; impatti negativi sulle praterie di Posidonia oceanica, con conseguente regressione della vita marina (come nel caso delle coste della Liguria).
Emerge come i timori e le preoccupazioni per il mantenimento della diversità biologica abbiano riguardato i periodi di surriscaldamento.
In effetti si è dimenticato che anche gli abbassamenti termici se non adeguatamente bilanciati dal sistema biologico di termoregolazione possono comportare danni irreversibili alla diversità biologica.
Tutto è affidato al sistema di termoregolazione dei sistemi costituenti negli ecosistemi.
La termoregolazione è un meccanismo fisiologico mediante il quale l’organismo reagisce ad eventuali variazioni di energia termica , di cui è già dotato, in modo da mantenere la propria temperatura interna in un opportuno intervallo.
L’attivazione del sistema può essere scatenata da diversi fattori ambientali (variazioni di temperatura, di umidità, etc.), ma anche dall’esposizione a radiazioni elettromagnetiche alle RF (EM/RF).
Nell’uomo la maggior parte degli organi vitali lavora, in condizioni di normalità, alla temperatura pressoché costante di 37 °C, comunque per valori compresi tra i 35.5 ed i 40 °C non si rilevano danni all’organismo.
Variazioni dal valore medio possono essere dovute ad esercizio fisico, età, stress emotivi, digestione, alterazioni del battito cardiaco o cicliche nelle donne, temperatura ambientale, etc.
Al di fuori dei limiti dell’intervallo considerato il corpo è in condizioni di estrema vulnerabilità:
- a basse temperature si corre il rischio di congelamento,
- alle alte la coagulazione di alcune proteine, per cui il sistema termoregolatorio è dotato di diversi sistemi di controllo.
Da qui l’importanza di ricerche finalizzate allo studio e potenziamento delle capacità termoregolatorie dei sistemi biologici, rispetto ai cambiamenti climatici non solo però riferiti al riscaldamento globale, ma anche al raffreddamento che ne segue.
Articolo N.133 del 20-08-2024 | a cura di Luigi Campanella
Prof. Luigi Campanella. Si laurea in Chimica e ottiene l’Abilitazione alla professione di Chimico nel 1961. Professore Incaricato Stabilizzato, prima di “Esercitazioni di Chimica Industriale II”, poi di “Esercitazioni di Analisi Chimica Applicata, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dal 1967 al 1980. Professore Ordinario di “Chimica Analitica” dall’a.a. 1980/81 all’a.a. 2002-2003 e di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali successivamente a tale data. Promotore e Direttore del Centro Interdipartimentale per le Scienze Applicate alla protezione dell’Ambiente e dei Beni Culturali. Attuale Coordinatore del Polo Museale de La Sapienza. È autore di oltre 500 lavori nei settori della Chimica Analitica, dell’Elettrochimica, della Chimica Ambientale, delle Biotecnologie Analitiche, della Chimica dei Beni Culturali.