Green Chemistry: Meglio prevenire i rifiuti piuttosto che trattarli

Si parla sempre più spesso e sempre più in sedi molteplici e diverse di green chemistry. Può essere interessante cercare di capire come è perché sia nata la green chemistry e che cosa realmente con essa si intende. La denominazione risale al 1996 e corrisponde ad un impegno della Chimica  a diminuire o eliminare l’impiego di sostanze pericolose e nocive per l’ambiente e per la salute umana.

 

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La parola che meglio condensa e sintetizza tutti i caratteri della Green Chemistry è certamente sostenibilità, tanto che la denominazione ufficiale viene spesso sostituita da chimica sostenibile. Questo concetto è addirittura precedente alla denominazione di green chemistry. Infatti esso risale al 1987 in occasione della Conferenza ONU su ambiente e sviluppo. Uno sviluppo sostenibile deve garantire il presente soddisfacendone i bisogni senza compromettere lo stesso diritto per le generazioni future. Nel 1998 per guidare l’industria chimica su questa complessa strada due chimici dell’Environmental Protection Agency, John Warner e Paul Anastas, hanno enunciato 12 principi divenuti i must della green chemistry, una lista di criteri di azione, orientamento e priorità. Le parole chiave a cui corrispondono i suddetti criteri sono Prevenzione: meglio prevenire i rifiuti piuttosto che trattarli. Su questa alternativa negli anni successivi è nata l’ambiguità delle clean technologies (erroneamente riferite a rifiuti zero dopo però un adeguato trattamento di quelli prodotti), mentre erano state introdotte per non produrre alcun rifiuto, da cui il carattere di pulite.
  1. Economia atomica: processi nei quali gli atomi dei reagenti si ritrovano quanto più completamente possibile nei prodotti finali.
  2. Sintesi chimiche meno pericolose senza impiego e produzione di sostanze tossiche.
  3. Progettazione di composti e sostanze che durante tutto il ciclo di vita non impattino negativamente su salute ed ambiente.
  4. Riduzione di solventi ed ausiliari: il miglior solvente “is no solvent”.
  5. Progettazione per aumentare l’efficienza energetica in termini di ridotto consumo per unità di prodotto.
  6. Pressione e temperatura ambiente quanto più possibile.
  7. Uso di materie prime rinnovabili.
  8. Riduzione dei derivati evitando reagenti e rifiuti aggiuntivi.
  9. Catalizzatori i più selettivi possibile.
  10. Progettazione di prodotti chimici che alla fine della loro funzione non persistano nell’ambiente.
  11. Monitoraggio ed analisi in tempo reale evitando il disperdersi di sostanze pericolose.
  12. Scelta di processi con il minimo di rischio di incidenti chimici.
Si tratta di principi perfettamente coerenti con il piano europeo di essere il primo continente al mondo ad impatto climatico zero nel 2050 con un taglio delle emissioni del 50-55%. Il Green New Deal promuove la crescita economica dissociata dall’uso delle risorse e che nessuna persona e nessun luogo siano trascurati. I punti cardine di questo piano sono investimenti in tecnologie ecofriendly, sostegno all’industria nell’innovazione,forme di trasporto pubblico e privato più pulite ed economiche, decarbonizzazione dell’energia, efficientemento energetico degli edifici.
Un ulteriore aspetto della green chemistry è collegato all’etica intesa come filosofia morale e guida al comportamento: la chimica nel periodo del dopoguerra ha rinunciato a tenere conto di valori e di diritto ad essi quali ambiente, salute, sicurezza. Progressivamente responsabilità e presa di coscienza sono riemerse secondo due direzioni di comportamento: stabilire norme e regolamenti da una parte, innovazione tecnologica dall’altra. La prima direzione ha prodotto come risultato il regolamento europeo REACH e correlati, la seconda per l’appunto la Green Chemistry.

 

Articolo N.54 del 11-03-2022 | a cura di Luigi Campanella


Prof. Luigi Campanella. Si laurea in Chimica e ottiene l’Abilitazione alla professione di Chimico nel 1961. Professore Incaricato Stabilizzato, prima di “Esercitazioni di Chimica Industriale II”, poi di “Esercitazioni di Analisi Chimica Applicata, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dal 1967 al 1980. Professore Ordinario di “Chimica Analitica” dall’a.a. 1980/81 all’a.a. 2002-2003 e di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali successivamente a tale data. Promotore e Direttore del Centro Interdipartimentale per le Scienze Applicate alla protezione dell’Ambiente e dei Beni Culturali. Attuale Coordinatore del Polo Museale de La Sapienza. È autore di oltre 500 lavori nei settori della Chimica Analitica, dell’Elettrochimica, della Chimica Ambientale, delle Biotecnologie Analitiche, della Chimica dei Beni Culturali.