Ai fattori  positivi già noti, ai quali probabilmente potrebbero esserne aggiunti altri, se ne contrappongono alcuni negativi, di seguito ricordati con suggerimenti per superarli.

  1. La bassa competitività nei riguardi sia di materie prime di origine sintetica, sia di altre fibre vegetali importate. Ne consegue la necessità di ottenere prodotti di pregio in grado di assorbire i costi della materia prima valorizzandone la qualità. Devono perciò poter essere evidenti la tracciabilità dell’intero processo e le  caratteristiche del prodotto finito. Quest’ultimo deve poter essere contraddistinto dall’ “ecolabel”. Devono anche essere valorizzate le caratteristiche multiuso comuni a molte piante da fibra. Alcuni sottoprodotti potrebbero divenire coprodotti.
  2. La bassa competitività nei riguardi di colture tradizionali. È necessario ottimizzare le fitotecniche in modo da migliorare la redditività globale dell’intero avvicendamento. Gli interventi tecnici non devono perciò essere pensati in funzione delle singole colture, ma dell’intero avvicendamento. Devono essere valutati (e, se positivi, economicamente compensati!) gli effetti sull’ambiente.
  3. La mancanza di un sistema di valutazione della qualità rapido, oggettivo e riconosciuto. Le caratteristiche del materiale (pianta intera, stelo, porzione corticale, fibra macerata, fibra già lavorata, ecc.) devono poter essere giudicate in modo da consentire una remunerazione basata sul valore reale del prodotto senza dar luogo a contenziosi.
  4. L’ultimo e principale fattore negativo. Non esiste una vera e propria filiera in grado di applicare e sfruttare le conoscenze sugli effetti di fattori ambientali, tecniche colturali, modalità di raccolta e prime lavorazioni nei riguardi delle caratteristiche qualitative. Gli operatori di ogni anello della catena difficilmente conoscono le esigenze e le priorità di quelli delle fasi successive e questi ultimi non sanno cosa poter richiedere alle fasi precedenti e quale è l’impegno e il costo delle loro richieste. È ancora una catena formata da tratti di anelli saldi alternati ad altri mal connessi fra loro che rischiano di staccarsi se l’intensità dello sforzo viene incrementata. E va detto che negli ultimi tempi si è avuto un notevole miglioramento rispetto a quando si assisteva solo ad un dialogo fra sordi con ripetute dichiarazioni di interesse da parte delle componenti (sia agricole che industriali) che però non riuscivano ad incontrarsi.

Un fattore di miglioramento: la qualità
Cosa è necessario fare per migliorare il sistema? Le iniziative possibili sono innumerevoli, anche recentemente messe in evidenza (Di Candilo et al., 2003), ma è opportuno sottolineare un aspetto particolare. Possono innanzitutto essere ricordate due recenti autorevoli affermazioni: l’unico modo perché l’agricoltura europea possa competere nel mercato mondiale delle fibre lignocellulosiche è produrre materia prima di elevata qualità che consenta un elevato valore aggiunto (Van Dam, 1999). L’idea di base per assicurare un futuro competitivo a canapa e lino è produrre sempre fibra di alta qualità con le caratteristiche specifiche richieste a seconda dei casi dal mercato del tessile oppure del non tessile (Kessler et al., 1999; Pecenka, 2002).

La carta vincente sembra essere la qualità, o, meglio, specifiche caratteristiche qualitative. Si deve puntare quindi in modo deciso sulla qualità. Ma cosa è la qualità? Fra le tante definizioni sembra appropriata la seguente: “qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto che gli conferiscono la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”. Quindi tante qualità, tanti parametri per definirle, tante metodologie e tanti strumenti per misurarle, tanti modi e tanti mezzi per produrle, tanti tipi di domanda, tante differenze di costi e di prezzi, ecc.. La definizione di qualità è dunque dinamica e si riferisce di volta in volta alle esigenze del trasformatore, del consumatore o di chiunque richiede e acquista una materia prima o un prodotto lavorato. Per ora forse ci si deve accontentare del vecchio detto: “la qualità è quella che il compratore vuole e paga”.

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