Le diverse realtà che stanno utilizzando coloranti naturali sono per lo più attive nel settore dell’artigianato artistico. La tintura con colori vegetali permette la realizzazione di prodotti di ottima qualità su fibre sia animali che vegetali, impiegando mordenti meno tossici e inquinanti in sostituzione del cromo e di altri metalli pesanti. L’uso di questi mordenti, nonché  di agenti di finissaggio più eco-compatibili, consente comunque  un legame stabile tra colorante e fibra e conferisce alla colorazione naturale una solidità alla luce e al lavaggio poco lontana da quella che caratterizza i prodotti realizzati con coloranti sintetici.

Per la tintura naturale le principali difficoltà sono rappresentate prevalentemente dalla dimensione produtti-va: finché parliamo in termini di impresa artigianale la tintura naturale si avvale di procedimenti nei quali le conoscenze e l’esperienza del tintore, unite a tempi di realizzazione più lunghi, giocano un ruolo cruciale per-mettendo la realizzazione di prodotti di alta qualità.

Più difficile appare il trasferimento su scala industriale delle tecniche della tintura naturale che pongono ancora molte problematiche di tipo tecnico quali la difficoltà di controllare automaticamente i tempi e le con-dizioni delle diverse fasi del processo. Anche la formulazione del colorante, sotto forma di polvere o di estratto, può influire sulla qualità del risultato, essendo in molti impianti, difficile effettuare la tintura con le polveri ricavate dalle piante. A questo scopo risulta necessario investire in ricerca per ovviare a queste difficoltà e poter mettere a punto tecniche di tintura che si adattino alla tintura industriale.

Problemi ancora aperti

Nella fase di produzione della materia prima le problematiche ancora irrisolte sono di tipo agronomico-produttivo (organizzazione aziendale, tecnica colturale, stagionalità delle produzioni, stoccaggio), di tipo tecnologico (disponibilità di impianti che richiedano bassi costi di allestimento e di gestione e che siano in grado di operare on-farm), di tipo economico-sociale (costo finale di produzione del colorante, interventi di sostegno per la realizzazione di impianti di trasformazione e/o estrazione, formazione degli operatori) ed infine ecologico e ambientale (logistica dei trasporti, bilanci agro-ambientali, gestione dei reflui, consumo di acqua e energia).

Sempre per quanto riguarda la fase della produzione agricola la verifica di medio termine della Politica Agricola Comunitaria può rappresentare una grande possibilità per le colture a destinazione non alimentare, tra cui le piante da coloranti. Infatti il “disaccoppiamento” previsto dalla nuova PAC assegna un premio indipendentemente dal tipo di coltivazione effettuata e incentiva indirettamente le rotazioni e lo sviluppo di nuove colture.

Un grosso punto critico che dovrà necessariamente essere superato per avviare una filiera locale è la scarsa disponibilità di materiale di propagazione gamica o agamica opportunamente selezionato, indispensabile per l’attivazione della filiera su scala almeno aziendale. All’interno del progetto Spindigo è stato riprodotto seme di Isatis tintoria in quantità sufficiente per  intraprendere la coltivazione su scala aziendale, ma non sufficiente per realizzare coltivazioni su vaste superfici. Per quanto riguarda il Polygonum tinctorium -specie da indaco molto più produttiva rispetto al guado e in grado di fornire indaco di migliore qualità- si rende ne-cessario ampliare la superficie delle colture da seme presenti nella pianura pisana al fine di aumentare la produzione del seme e provvedere alla sua selezione.  Inoltre per reseda, robbia o altre specie pur disponendo di varietà selezionate, queste non sono disponibili in quantità sufficiente per avviare la coltivazione e pertanto si rende necessario procedere alla loro moltiplicazione.

Sempre per quanto riguarda la tecnica colturale, un problema ancora non sufficientemente risolto è la messa a punto di un’opportuna strategia di controllo delle piante infestanti che con la loro presenza possono andare ad incidere negativamente sulla qualità del prodotto. La non disponibilità di erbicidi chimici registrati per essere impiegati su queste nuove colture può rendere difficile un adeguato controllo delle piante infestan-ti soprattutto nelle primissime fasi dopo l’emergenza.

In particolare alcune piante coloranti, come il Polygonum tinctorium presenta una grande affinità con le principali Polygonaceae macroterme (Polygonum avicu-lare, Polygonum laphatifolium ecc.) che infestano le nostre colture primaverili-estive. Isatis tintoria è consi-derata addirittura una specie infestante pericolosa in molti stati del Nord America, per la sua elevata rusticità e capacità di diffusione sia per seme che per porzioni di rizoma.

Difficoltà, seppur di minor rilevanza perché ormai quasi completamente risolte esistono in relazione alla meccanizzazione di queste colture. Gli aspetti legati all’organizzazione aziendale, alla logistica della raccolta, stoccaggio ed estrazione sono particolarmente importanti per la coltura del guado in quanto le foglie devono essere “processate”immediatamente dopo la raccolta poiché i precursori dell’indaco presenti nelle foglie fresche sono molto instabili e vanno incontro a rapida degradazione. Questo comporta la necessità di organizzare le coltivazioni in diversi lotti di produzione, di raccolta ed estrazione in modo commisurato alla capacità di lavoro degli impianti.

Sempre per il guado la stagionalità delle produzioni che comporta una gestione discontinua degli impianti, può essere superata organizzando delle semine scalari con diversi  turni di taglio. Meno problematica risulta la raccolta e la trasformazione di reseda e robbia che richiedono un proces-so di essiccazione, cernita e successiva eventuale macinazione per ridurre la droga in polvere.

La fase di estrazione, in particolare per l’indaco, richiede ulteriori studi sia di base che applicativi, al fine di definire meglio le condizioni di estrazione e ottimizzare così la resa (ancora troppo lontana dalla resa po-tenzialmente ottenibile) nonché la qualità del prodotto ottenuto (in termini di purezza).  In questa fase un altro problema è rappresentato dall’elevato costo di produzione dovuto principalmente alla bassa resa e alla disponibilità di impianti che richiedono elevati costi di allestimento e di gestione. Questo problema potrebbe in parte, essere eventualmente risolvibile con una gestione consortile o cooperativa degli impianti per contenere i costi.

Nella fase di tintura un aspetto importante da considerare è l’esigenza di avere tinture uniformi e resistenti alla luce, di adattare le macchine industriali utilizzate con colori di sintesi, alla tintura naturale e di avere a disposizione una vasta gamma di colori per poter rispondere alle esigenze di mercato.

E’ necessario acquisire maggiori conoscenze sulle tipologie di formulazione dei coloranti naturali. Per alcuni tipi di tintura ad esempio potrebbe essere utilizzata la polvere colorante (paragonabile alla droga prodotta dalle piante officinali) mentre in altri casi potrebbe essere necessario poter disporre  di estratti,  da utilizzare negli impianti presenti nelle tintorie industriali.

Le questioni ancora in sospeso sono legate, da un lato al fatto che si tratta di una filiera ancora “giovane” e dall’altro alla complessità della filiera stessa che in ogni sua fase ha implicazioni non solo di tipo tecnico, ma anche macro e micro economiche, politico – normative, ambientali e socio – territoriali.

Confrontando però le diverse esperienze dei presenti al tavolo di filiera, le problematiche  di tipo tecnico-produttivo hanno assunto un ruolo secondario rispetto alla necessità di investire in comunicazione e divulgazione per far meglio comprendere al consumatore il significato di questi nuovi prodotti. Molti dei presenti, soprattutto coinvolti nella parte terminale della filiera, hanno messo in evidenza come al momento le possibilità di collocamento sul mercato di prodotti tessili naturali siano modeste e come sia prioritario favorire la comunicazione per ampliare le possibilità di mercato.

La necessità di comunicare in modo adeguato e corretto al consumatore il significato e il valore salutistico e ambientale di un  prodotto tessile, colorato con colori naturali e unito a fibre naturali potrebbero consentire di lanciare la filiera anche in presenza di alcune delle problematiche tecniche prima ricordate. In questo quadro risulta a nostro avviso importante tutelare l’agricoltore che rappresenta sicuramente l’anello più debole della filiera per far sì che parte del valore che si viene ad aggiungere alla materia prima ritorni almeno in parte alla fase della produzione consentendo così l’avvio di una filiera nazionale di fibre e colori naturali stabile e duratura.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.