Da un punto di vista industriale in Italia sono presenti distretti industriali di fama internazionale potenzialmente ed in alcuni casi anche fattivamente impegnati in questo settore in quanto utilizzatori di elevate quantità di lubrificanti in alcune fasi produttive. Ci riferiamo al distretto conciario di S.Croce (che si stima consumi circa 500-750 t/anno di oli minerali), al distretto tessile di Prato (che si stima ne consumi circa 1.000), al cartario di Lucca (che si stima consumi circa 3000 t/anno di lubrificanti per la maggior parte minerali ) ed al Lapideo delle Alpi Apuane. Alcuni industriali appartenenti a questi distretti si sono dimostrati particolarmente interessati all’utilizzo dei biolubrificanti e, anche grazie ai progetti PRAI-Biovit e Dulvit, hanno recentemente avviato le prime sperimentazioni a livello industriale con risultati di buon interesse applicativo.

In seguito anche a queste sperimentazioni, nel settore tessile è già oggi  disponibile un formulato a base vegetale caratterizzato da che ha buone prospettive di mercato anche in seguito al divieto della Direttiva Comunitaria 2003/53/CE di usare nonilfenoli e nonilfenoli etossilati dal 17 gennaio 2005. Una più larga applicazione nel distretto sta trovando difficoltà legate principalmente ad un prezzo unitario maggiore che solo in parte è bilanciato da un minore utilizzo del prodotto.

Anche nel settore conciario è stato presentato un formulato a base vegetale, utilizzato tra l’altro nella produzione, brevettata, di una pelle anallergica e caratterizzato dall’assenza di alchilbenzeni tipici dei lubrificanti minerali e di aldeidi, fenoli ed altri composti ad elevata tossicità. Purtroppo, anche in questo caso, i formulati a base vegetale non hanno acquisito una significativa quota di mercato nel distretto Pisano.

Nel settore cartario, comparto di importanza strategica nella intera provincia di Lucca, la situazione è leggermente migliore, in quanto già negli anni ‘80 Raul Gardini propose di utilizzare le oleine di soia per la disincrostazione della carta da giornale, mentre successivamente è stata prodotta una carta “biocide-free” utilizzando l’acido acetico e i terpeni d’arancio. Risultano inoltre presenti già oggi formulati oleanti ad elevata rinnovabilità o a base vegetale e altre sperimentazioni a livello industriale hanno infatti confermato la possibilità di utilizzo di questi formulati ad elevata qualità nella produzione tissue. Una recente normativa tedesca ha introdotto standard molto restrittivi sui residui di oli (minerali) ammessi nel tissue, a conferma dell’interesse anche internazionale verso questo aspetto del ciclo produttivo anche in un’ottica di una sempre maggiore tutela del consumatore finale.

Esperienze analoghe si registrano anche in altri settori produttivi con alcune esperienze sulla possibilità di utilizzare biolubrificanti nelle perforazioni per la produzione di energia geotermica a Larderello, e potenzialmente mostra ottime prospettive la sostituzione degli oli minerali nel settore lapideo in considerazione della totale dispersione nell’ambiente del prodotto dopo l’uso e delle ricadute sulla qualità dell’ambiente e degli operatori del settore.

In tutti questi distretti, tranne quello cartario, i formulati lubrificanti sono utilizzati a dispersione nell’ambiente e lo sviluppo dell’uso di prodotti a base vegetale, in considerazione dell’elevata biodegradabilità e della loro ipotossicità, potrebbe contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale con benefici igienico-sanitario per gli operatori del settore e della cittadinanza e conseguentemente delle istituzioni in termini di minori spese sanitarie e di depurazione delle acque. Ecco perché la pubblica amministrazione potrebbe ritenere utile attivare interventi atti a compensare il differenziale di prezzo che eventualmente potrebbe determinarsi prima del raggiungimento di un’economia di scala, al fine di incentivare un più diffuso utilizzo dei biolubrificanti, giustificando tale intervento proprio con le ricadute sulla qualità dell’ambiente dell’intero distretto.

In questa ottica, l’uso di biolubrificanti in alternativa ai formulati convenzionali deve essere inserito in programmi di sostituzione di prodotti pericolosi per la salute e per l’ambiente, attraverso la creazione di appositi marchi o certificazioni volti a valorizzare i processi produttivi interamente ecocompatibili, anche e soprattutto nell’ottica di una differenziazione dei prodotti sulla concorrenza globale. E’ questa infatti una possibilità che potrebbe consentire l’affermarsi di un nuovo mercato in cui il consumatore è disposto a pagare un prezzo maggiore per un manufatto prodotto con maggiore rispetto dell’ambiente e privo di residui di prodotti minerali o di sintesi.

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