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Il Manifesto Della Chimica Verde | 8 Febbraio 2014 [gn_spoiler title=”UN PLAUSO AL PRIMO MANIFESTO PER CERTIFICARE LA CHIMICA VERDE IN UE” open=”0″ style=”2″]
Articolo tratto da: agricolae.euUrge una certificazione per le produzioni “green”, vanno definiti criteri di sostenibilità in Italia e in UE – A Fieragricola, a Verona, lanciato oggi il primo manifesto della chimica verde nella tavola rotonda di Chimica Verde in collaborazione con L’Informatore Agrario, alla presenza di stakeholder e di esponenti strategici del settore bio-economico. Si prevede che entro il 2030 in Europa il 30% della produzione di composti chimici sarà biobased, che il 25% dell’energia per i trasporti e che il 30% dell’energia elettrica e termica sarà generato dalla biomassa. Al momento, però, la bioeconomia italiana manca di una normativa per certificare le produzioni. La crescita della chimica verde, che ha comportato investimenti negli ultimi 3 anni di euro di investimenti occupando 1600 persone, e tutto il sistema biogas che ha comportato 3 miliardi (il totale di investimenti complessivi è di 4 miliardi) rischia quindi di essere compromessa o frenata, nonostante le eccezionali possibilità di crescita delle bioraffinerie, nuova opportunità di diversificazione in agricoltura.
Per la prima volta a Verona a Fieragricola il settore fa sistema e condivide un manifesto della chimica verde che sarà presentato al Ministero per l’Agricoltura, Ambiente e alla commissione parlamentare in UE in rappresentanza del settore agricolo, agroindustriale chimico e manufatturiero italiano. Se ne è parlato nel convegno-tavola rotonda di Chimica Verde in collaborazione con L’Informatore Agrario, animato da Sofia Mannelli, consigliere ministeriale e presidente Chimica Verde Bionet, che ha visto la partecipazione di importanti stakeholder ed esponenti del settore “bio‐economico”. “Green oggi non sempre è sostenibile – ha premesso Sofia Mannelli. Va fatta chiarezza, ecco perché è urgente una regolamentazione”.
Il manifesto della chimica verde. Cinque i punti su cui basare la certificazione presentati da Sofia Mannelli:
- la prima bioraffineria è la pianta, la chimica verde deve essere cioè legata al territorio
- le bioproduzioni e la bioagricoltura necessitano di una definizione univoca di criteri di sostenibilità che evidenzino rinnovabilità, biodegradabilità, tracciabilità e livelli di tossicità minimi per l’ambiente
- serve una normativa adeguata e non discriminatoria verso nessuna filiera, che promuova la ricerca scientifica, innovazione, tecnologia, sviluppo e consumo di bioprodotti sostenibili
- occorre una regolamentazione attraverso un percorso condiviso con i portatori di interesse per coinvolgere l’intero mondo produttivo
- serve un piano di comunicazione e formazione pluriennale condiviso con le regioni.
“Lo sviluppo del settore della Chimica Verde è un’opportunità per il rilancio dell’economia nel nostro Paese così come nel resto del mondo Numerosi documenti strategici prodotti da organizzazioni internazionali e istituzioni europee considerano la «bioeconomia» un settore con enormi potenzialità di sviluppo” spiega Antonio Boschetti, direttore de L’Informatore Agrario. Si, quindi alle produzioni “verdi”, ma se vengono certificate le opportunità si moltiplicano, soprattutto per biometano, fertilizzanti e concimi chimici rinnovabili ma anche per biocosmesi. Basti pensare che se nel 2010 il mercato europeo delle materie bioplastiche era a quota 260.000 tonnellate e, senza una legislazione ad hoc nel 2020 si prevedono 769.000 tonnellate, se il settore fosse regolamentato in UE si arriverebbe a quota 2.555.000. Per i biolubrificanti le prospettive con una politica UE sono di raggiungere le 420.000 tonnellate, per i biocomposti di 830.000 e per i building blocks le 6.540.000 tonnellate (European Renewable Resources and Materials Associat. + ERRMA Novamont). Il tutto ben si colloca in un contesto, definito il 5 febbraio 2014, qualche giorno fa, in cui il Parlamento Europeo ha chiesto un taglio del 40% delle emissioni di CO2 e la produzione del 30% di energia rinnovabile, con l’obiettivo di ottenere il 40% dell’efficienza energetica entro il 2030.
In prospettiva, grazie allo sviluppo di una bioeconomia basata sull’impiego di prodotti e processi rinnovabili a partire da matrici vegetali di produzione agricola, si prevede quindi l’arrivo sul mercato di una nuova generazione di prodotti e composti chimici rinnovabili e sostenibili: bioplastiche, biolubrificanti, solventi, detergenti, cosmetici e prodotti per la salute, mezzi tecnici per l’agricoltura, vernici, imballaggi, fino a prodotti speciali per l’industria come la componentistica e i fluidi speciali per l’industria.
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Foto della presentazione del Manifesto della chimica verde